Oviedo ha un cuore medievale, una
Cattedrale gotica dalla facciata asimmetrica e una Vergine, quella di
Covadonga, che, come recita una poesia, "ha per trono la culla
di Spagna". Ma chi pensa oggi a questa città, la collega
immediatamente ai suoi due cittadini più famosi, Fernando Alonso e
la regina Letizia di Spagna, nata Ortiz Rocasolano, o ai Premi
Principe de Asturias, diventati in pochi anni i premi più
prestigiosi della lingua spagnola (dal prossimo anno saranno Premi Princesa de Asturias e continuerà a consegnarli, nel Teatro Campoamor, re Felipe, fino a quando la principessa Leonor non avrà un'età più adeguata). Girando per le strade non c'è
traccia della regina, mentre l'affetto e l'orgoglio per il due volte
campione del mondo di Formula 1 sono evidenti e incontestabili. Nei
negozi di souvenir ci sono bambolotti vestiti di rosso che si
dichiarano "tifosi di Alonso", sciarpe che inneggiano alle
Asturie e a Fernando, T-shirt rosse con lo scudo del Cavallino
Rampante e la scritta Alonso, con i caratteri che usa la Ferrari.
Il simbolo più importante di Oviedo, però, più di Alonso e di Letizia, che sono pur sempre transitori, è la Croce della Vittoria. La leggenda vuole che sia stato grazie a questa Croce che re Pelayo abbia vinto la battaglia di Covadonga, nel 772, la prima vinta dagli Spagnoli contro i Mori, la data d'inizio dell'identità spagnola. Per questo la Vergine di Covadonga "ha per trono la culla di Spagna", per questo la Cruz de la Victoria campeggia, su sfondo azzurro, nella bandiera del Principato delle Asturie, che Fernando Alonso ha reso popolare sui circuiti di Formula 1 e che a Oviedo si trova ovunque. La croce originale, che accompagnò il re a Covadonga, si trova dal IX secolo nella Cámara Santa della Cattedrale del Salvatore di Oviedo ed è il suo cimelio più prezioso, anche se poi gli studi più recenti dubitano sia davvero l'originale. E' impressionantemente bella nella sua semplicità, al centro di una vetrina e di una parete che raccoglie oggetti sacri di ogni genere e che non riescono a raggiungere la sua dolcezza e la sua potenza. La si guarda e si capiscono in un attimo l'orgoglio asturiano, la forza dell'identità, il carisma di un simbolo e si sentono tutti questi millenni che sono passati e che non sarebbero stati gli stessi senza questa Cruz de la Victoria.
Nella piazza della splendida Cattedrale gotica, gli edifici aristocratici ricordano l'architettura coloniale (ma ci sono molti palazzi ovetensi che sembrano presi da qualche plaza messicana o peruviana) e una targa sul pavimento lastricato ricorda che è partito da qui, sempre nel IX secolo, il primo pellegrinaggio per Santiago de Compostela. Fu voluto da re Alfonso II El Casto, lo stesso che donò la Croce della Vittoria alla Cattedrale; durante il suo regno venne scoperta la tomba dell'Apostolo Giacomo a Compostela e il re volle rendergli omaggio, diventando il primo pellegrino sul Camino più importante del Medio Evo. Grazie alla sua Cattedrale, con i suoi preziosi cimeli religiosi e storici, Oviedo divenne una delle tappe più importanti del Cammino; c'è addirittura un detto: "Chi va a Santiago e non va al Salvatore, visita il vassallo e non il Signore".
Da questa piazza, dominata dalla facciata asimmetrica della Cattedrale e dedicata ad Alfonso II El Casto, si può scegliere se andare verso l'Oviedo medievale, a destra, o quella moderna, a sinistra. La prima è fatta di strade strette, quasi sempre pedonali, su cui si affacciano librerie, botteghe altrove perdute, piccoli laboratori di giovani artisti, che ricordano come un pezzo unico renda speciale anche la persona che lo possiede, sidrerias da cui spuntano camerieri che versano nei bicchieri l'immancabile sidra da altezze siderali (pare che però non sia solo coreografia, "la sidra deve respirare prima di arrivare nel bicchiere" spiegano saggiamente gli ovetensi). Si aprono piccole e vivaci piazze quasi sempre abitate dai tavolini all'aperto dei locali, in cui il Menu del Dia prevede sempre la fabada asturiana, una zuppa di fagioli e carni varie che è tanto ovetense quanto la Cruz de la Victoria, Fernando Alonso e la sidra.
Gli ovetensi sono cortesi e sorridenti. Nei ristoranti preparano i tavoli per i turisti anche in orari non propriamente spagnoli (in Spagna si pranza dalle 14 se non dalle 15 in poi e si cena dopo le 22) e offrono spiegazioni non richieste (ma gradite) sulle caratteristiche della loro cucina. Nelle pasticcerie del centro ti danno una panoramica sintetica circa i loro deliziosi prodotti, non appena si rendono conto che non hai idea e non sai cosa provare. In albergo ti dicono che la sidra la puoi trovare anche in un comune supermercato e ti indicano il più vicino. Nel supermercato sono pronti a darti un consiglio sulla bottiglia da acquistare, "questa è quella che bevo io!" ti dicono strizzandoti l'occhio. Insomma, sono gentili, premurosi e ti fanno venire voglia di stare in giro per le graziose strade medievali fino all'alba, perché donano alla loro città un'aria di sana vita di provincia. Li guardi nelle loro animate conversazioni da bar, nei loro passi affrettati sotto l'inevitabile pioggia atlantica che rende verdi le loro montagne, nelle loro domeniche di messe e pasticcini, e pensi che non possa succedere niente di male.
Ma c'è anche l'altra Oviedo, quella moderna e contemporanea, che parte dalla plaza de la Escandalera, su cui si affaccia anche il Teatro Campoamor, in cui Felipe de Borbón e Letizia Ortiz consegnano a fine ottobre i Premi Principe delle Asturie. L'asse principale è la calle Ungria, su cui si aprono gli inevitabili stores di Zara, H&M ed El Corte Inglés. In una delle traverse, la calle Milicias Nacionales, c'è una statua in bronzo di Woody Allen (a Oviedo stupisce il numero di statue di bronzo che abitano le belle piazze del centro!). Il cineasta statunitense è uno dei più amati testimonial della città e la targa sotto la sua statua dà una definizione di Oviedo che manda in un brodo di giuggiole gli ovetensi, dato che la riprendono nelle guide e nelle frasi storiche sulla città: "Oviedo è una città deliziosa, esotica, bella, pulita, gradevole, tranquilla e pedonalizzata, è come se non appartenesse a questo mondo, come se non esistesse… Oviedo è come una favola".
Se ci si infila nella calle Conde de Toreno, che fiancheggia il polmone verde del centro di Oviedo, il Capo de San Francisco, ci si addentra nella Oviedo moderna, di ampie avenidas, architettura moderna e, come sempre capita, più anonima, e si arriva al Centro Congressi disegnato da Santiago Calatrava. E' nel centro di una piazza di edifici residenziali e, date le sue dimensioni, si potrebbe dire che la soffoca; è costruito su tre lati, in ognuno dei quali forma una sorta di triangolo equilatero rovesciato, un vertice a terra, con due grandi braccia che reggono il terzo lato, su cui si trovano gli uffici e le sale; l'altezza del triangolo raccoglie ascensori e servizi necessari; al centro del complesso c'è un centro commerciale di vari piani con un tetto spiovente, una discesa a terra dai piani alti del Centro Congressi. E' bello, non è bello? Ha senso, non ha senso in una piazza residenziale una simile struttura avveniristica e visionaria? Mah!
Meglio tornare nella Oviedo della calle Ungria e passare dalla plaza de Castilla, aperta verso le splendide montagne dei Picchi d'Europa, che fanno pensare che nei giorni di sole la città goda di una delle più belle scenografie naturali del mondo (Torino è quella che gode della migliore, parola di Le Corbusier).
Lasciando questa città, che si fa ricordare per la forza dei suoi simboli e la gentilezza della sua gente, per i suoi cieli atlantici e le sue architetture mescolate, e che fa venire voglia di tornare a bere una sidra in una delle sue plazas senza tempo, anche solo per osservare i gesti esperti dei camerieri frettolosi ed educati, rimangono soprattutto due immagini. La plaza de Alfonso II el Casto nella luce arancionata e serena delle tiepide notti d'autunno, con la Cattedrale che si staglia rassicurante per i turisti affascinati. E una bandiera appesa a un balcone, che strappa un sorriso perché è a suo modo una suggestiva dichiarazione d'amore: lo scudo del Cavallino Rampante non nel tradizionale sfondo rosso, ma in quello azzurro della bandiera del Principato delle Asturie. E' l'ultima immagine di Oviedo, intravista dal treno già in corsa, e magari ne sorriderebbe, per le stesse ragioni, anche Fernando Alonso.
PS Non ho più le mie foto di Oviedo, misteriosamente perdute in un PC e in una chiavetta... Queste immagini sono dal web e ricreano le atmosfere che ho amato nel capoluogo delle Asturie.
Il simbolo più importante di Oviedo, però, più di Alonso e di Letizia, che sono pur sempre transitori, è la Croce della Vittoria. La leggenda vuole che sia stato grazie a questa Croce che re Pelayo abbia vinto la battaglia di Covadonga, nel 772, la prima vinta dagli Spagnoli contro i Mori, la data d'inizio dell'identità spagnola. Per questo la Vergine di Covadonga "ha per trono la culla di Spagna", per questo la Cruz de la Victoria campeggia, su sfondo azzurro, nella bandiera del Principato delle Asturie, che Fernando Alonso ha reso popolare sui circuiti di Formula 1 e che a Oviedo si trova ovunque. La croce originale, che accompagnò il re a Covadonga, si trova dal IX secolo nella Cámara Santa della Cattedrale del Salvatore di Oviedo ed è il suo cimelio più prezioso, anche se poi gli studi più recenti dubitano sia davvero l'originale. E' impressionantemente bella nella sua semplicità, al centro di una vetrina e di una parete che raccoglie oggetti sacri di ogni genere e che non riescono a raggiungere la sua dolcezza e la sua potenza. La si guarda e si capiscono in un attimo l'orgoglio asturiano, la forza dell'identità, il carisma di un simbolo e si sentono tutti questi millenni che sono passati e che non sarebbero stati gli stessi senza questa Cruz de la Victoria.
Nella piazza della splendida Cattedrale gotica, gli edifici aristocratici ricordano l'architettura coloniale (ma ci sono molti palazzi ovetensi che sembrano presi da qualche plaza messicana o peruviana) e una targa sul pavimento lastricato ricorda che è partito da qui, sempre nel IX secolo, il primo pellegrinaggio per Santiago de Compostela. Fu voluto da re Alfonso II El Casto, lo stesso che donò la Croce della Vittoria alla Cattedrale; durante il suo regno venne scoperta la tomba dell'Apostolo Giacomo a Compostela e il re volle rendergli omaggio, diventando il primo pellegrino sul Camino più importante del Medio Evo. Grazie alla sua Cattedrale, con i suoi preziosi cimeli religiosi e storici, Oviedo divenne una delle tappe più importanti del Cammino; c'è addirittura un detto: "Chi va a Santiago e non va al Salvatore, visita il vassallo e non il Signore".
Da questa piazza, dominata dalla facciata asimmetrica della Cattedrale e dedicata ad Alfonso II El Casto, si può scegliere se andare verso l'Oviedo medievale, a destra, o quella moderna, a sinistra. La prima è fatta di strade strette, quasi sempre pedonali, su cui si affacciano librerie, botteghe altrove perdute, piccoli laboratori di giovani artisti, che ricordano come un pezzo unico renda speciale anche la persona che lo possiede, sidrerias da cui spuntano camerieri che versano nei bicchieri l'immancabile sidra da altezze siderali (pare che però non sia solo coreografia, "la sidra deve respirare prima di arrivare nel bicchiere" spiegano saggiamente gli ovetensi). Si aprono piccole e vivaci piazze quasi sempre abitate dai tavolini all'aperto dei locali, in cui il Menu del Dia prevede sempre la fabada asturiana, una zuppa di fagioli e carni varie che è tanto ovetense quanto la Cruz de la Victoria, Fernando Alonso e la sidra.
Gli ovetensi sono cortesi e sorridenti. Nei ristoranti preparano i tavoli per i turisti anche in orari non propriamente spagnoli (in Spagna si pranza dalle 14 se non dalle 15 in poi e si cena dopo le 22) e offrono spiegazioni non richieste (ma gradite) sulle caratteristiche della loro cucina. Nelle pasticcerie del centro ti danno una panoramica sintetica circa i loro deliziosi prodotti, non appena si rendono conto che non hai idea e non sai cosa provare. In albergo ti dicono che la sidra la puoi trovare anche in un comune supermercato e ti indicano il più vicino. Nel supermercato sono pronti a darti un consiglio sulla bottiglia da acquistare, "questa è quella che bevo io!" ti dicono strizzandoti l'occhio. Insomma, sono gentili, premurosi e ti fanno venire voglia di stare in giro per le graziose strade medievali fino all'alba, perché donano alla loro città un'aria di sana vita di provincia. Li guardi nelle loro animate conversazioni da bar, nei loro passi affrettati sotto l'inevitabile pioggia atlantica che rende verdi le loro montagne, nelle loro domeniche di messe e pasticcini, e pensi che non possa succedere niente di male.
Ma c'è anche l'altra Oviedo, quella moderna e contemporanea, che parte dalla plaza de la Escandalera, su cui si affaccia anche il Teatro Campoamor, in cui Felipe de Borbón e Letizia Ortiz consegnano a fine ottobre i Premi Principe delle Asturie. L'asse principale è la calle Ungria, su cui si aprono gli inevitabili stores di Zara, H&M ed El Corte Inglés. In una delle traverse, la calle Milicias Nacionales, c'è una statua in bronzo di Woody Allen (a Oviedo stupisce il numero di statue di bronzo che abitano le belle piazze del centro!). Il cineasta statunitense è uno dei più amati testimonial della città e la targa sotto la sua statua dà una definizione di Oviedo che manda in un brodo di giuggiole gli ovetensi, dato che la riprendono nelle guide e nelle frasi storiche sulla città: "Oviedo è una città deliziosa, esotica, bella, pulita, gradevole, tranquilla e pedonalizzata, è come se non appartenesse a questo mondo, come se non esistesse… Oviedo è come una favola".
Se ci si infila nella calle Conde de Toreno, che fiancheggia il polmone verde del centro di Oviedo, il Capo de San Francisco, ci si addentra nella Oviedo moderna, di ampie avenidas, architettura moderna e, come sempre capita, più anonima, e si arriva al Centro Congressi disegnato da Santiago Calatrava. E' nel centro di una piazza di edifici residenziali e, date le sue dimensioni, si potrebbe dire che la soffoca; è costruito su tre lati, in ognuno dei quali forma una sorta di triangolo equilatero rovesciato, un vertice a terra, con due grandi braccia che reggono il terzo lato, su cui si trovano gli uffici e le sale; l'altezza del triangolo raccoglie ascensori e servizi necessari; al centro del complesso c'è un centro commerciale di vari piani con un tetto spiovente, una discesa a terra dai piani alti del Centro Congressi. E' bello, non è bello? Ha senso, non ha senso in una piazza residenziale una simile struttura avveniristica e visionaria? Mah!
Meglio tornare nella Oviedo della calle Ungria e passare dalla plaza de Castilla, aperta verso le splendide montagne dei Picchi d'Europa, che fanno pensare che nei giorni di sole la città goda di una delle più belle scenografie naturali del mondo (Torino è quella che gode della migliore, parola di Le Corbusier).
Lasciando questa città, che si fa ricordare per la forza dei suoi simboli e la gentilezza della sua gente, per i suoi cieli atlantici e le sue architetture mescolate, e che fa venire voglia di tornare a bere una sidra in una delle sue plazas senza tempo, anche solo per osservare i gesti esperti dei camerieri frettolosi ed educati, rimangono soprattutto due immagini. La plaza de Alfonso II el Casto nella luce arancionata e serena delle tiepide notti d'autunno, con la Cattedrale che si staglia rassicurante per i turisti affascinati. E una bandiera appesa a un balcone, che strappa un sorriso perché è a suo modo una suggestiva dichiarazione d'amore: lo scudo del Cavallino Rampante non nel tradizionale sfondo rosso, ma in quello azzurro della bandiera del Principato delle Asturie. E' l'ultima immagine di Oviedo, intravista dal treno già in corsa, e magari ne sorriderebbe, per le stesse ragioni, anche Fernando Alonso.
PS Non ho più le mie foto di Oviedo, misteriosamente perdute in un PC e in una chiavetta... Queste immagini sono dal web e ricreano le atmosfere che ho amato nel capoluogo delle Asturie.